Con la manovra di Bilancio per il 2026 l’esecutivo riattiva i termini per accedere al Fondo Indennizzo Risparmiatori, lo strumento creato per compensare i cittadini coinvolti nei fallimenti bancari degli anni scorsi. Il riferimento è alle crisi di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife, alla liquidazione di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca nel 2017 — con successiva cessione a Intesa Sanpaolo e intervento dello Stato — che ha determinato perdite per azionisti e detentori di titoli subordinati.

La disposizione, contenuta nel comma 762, introduce una nuova finestra esclusivamente per quei risparmiatori che avevano già presentato domanda tra il 2019 e il 2020 ma avevano ottenuto un rigetto totale o parziale a causa di carenze formali o procedurali nella documentazione. Non si tratta dunque di una riapertura generalizzata del fondo: la possibilità è limitata a chi possedeva i requisiti sostanziali, ma era stato escluso per irregolarità di natura tecnica.

La struttura del FIR rimane immutata e non viene esteso il numero dei potenziali beneficiari. L’obiettivo dell’intervento è consentire la regolarizzazione di domande respinte in passato per meri errori formali. A copertura dei nuovi indennizzi, la legge di Bilancio autorizza uno stanziamento massimo di 80 milioni di euro, che sarà distribuito progressivamente nel tempo: 20 milioni nel 2026 e 30 milioni per ciascuno degli anni 2027 e 2028, in coerenza con i tempi di esame delle pratiche da parte della Commissione tecnica.

Le istanze potranno essere nuovamente presentate alla Commissione seguendo le modalità previste dalla normativa originaria del fondo. L’indennizzo riconoscibile resta pari al 30% del prezzo di acquisto delle azioni e al 95% di quello delle obbligazioni subordinate, fino a un massimo di 100mila euro per ciascun risparmiatore, calcolato sull’insieme degli investimenti ammessi. L’accesso al rimborso era previsto attraverso due canali: quello automatico, riservato ai soggetti con un reddito Irpef complessivo non superiore a 35mila euro o con un patrimonio mobiliare inferiore a 100mila euro al momento dell’investimento, e quello ordinario, che richiede una valutazione della Commissione tecnica e la prova che l’operazione sia avvenuta in violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza da parte dell’intermediario.